(1971) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, recante disposizioni urgenti
, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali
SAGGESE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SAGGESE (PD). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghi, il decreto-legge che oggi siamo chiamati a convertire in legge è un testo molto denso che, oltre a dare risposte urgenti ai settori agricoli colpiti da crisi e da eventi di carattere eccezionale, interviene anche con disposizioni di razionalizzazione delle procedure e degli enti, nell’ottica della semplificazione e della trasparenza, pilastri dell’azione politica del Governo Renzi, piuttosto invece che dell’appesantimento burocratico come qualcuno ieri ha voluto sostenere.
Negli anni passati l’agricoltura ha rappresentato sempre la Cenerentola delle politiche dei Governi del centrodestra, caro senatore Tarquinio, che mi dispiace ora non vedere in Aula. L’assenza del Ministro dell’agricoltura in tanti tavoli europei e l’assenza dei Ministri del centrodestra, da Zaia a Galan, ci hanno fatto purtroppo perdere tantissime importanti occasioni sulla politica agricola comunitaria e soprattutto sul settore della pesca. (Applausi dal Gruppo PD).
Oggi invece siamo ad un deciso cambio di passo, siamo all’idea di un’agricoltura competitiva ed innovativa che contribuisce in maniera autorevole alla crescita economica del Paese.
Il numero degli occupati nel settore agricolo, secondo un’analisi condotta dalla Coldiretti relativa al quarto trimestre dello scorso anno, è infatti cresciuto mediamente dei 7,1 per cento e in una fase storica come quella odierna, nella quale il tasso di disoccupazione è molto alto e raggiunge punte elevatissime nel caso dei più giovani, l’incremento dell’occupazione nel settore è il chiaro segnale che i provvedimenti che si stanno via via adottando vanno nella direzione giusta.
Durante il dibattito parlamentare sono state sollevate molte osservazioni, alcune anche abbastanza imprecise, e perciò devo chiarire alcune questioni.
Innanzitutto il tema delle organizzazioni interprofessionali: solo per evitare che qualcuno possa, volontariamente o in buona fede, confondere organizzazioni interprofessionali ed associazioni di categoria, faccio presente che le organizzazioni interprofessionali, in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria, sono costituite da rappresentanti delle attività economiche connesse alla produzione e ad almeno una delle fasi della catena di approvvigionamento (trasformazione o commercio-distribuzione) di prodotti di uno o più settori. È quindi del tutto evidente che le organizzazioni interprofessionali non siano costituite – e non possano essere considerate in alcun modo sovrapponibili – alle associazioni di categoria, che, tutt’al più, possono garantire la propria attività di consulenza istituzionale. E la norma a riguardo è chiarissima: l’articolo 3, comma 2 del decreto prevede, infatti, che le organizzazioni interprofessionali possano associare, con funzione meramente consultiva, le organizzazioni rappresentative dei consumatori e dei lavoratori del settore agricolo ed agroalimentare, solo al fine di garantire un più efficace esercizio delle loro attività istituzionali.
Sempre con riferimento alle organizzazioni interprofessionali e addirittura alla paventata ipotesi di incostituzionalità, sia chiaro innanzitutto che qui stiamo applicando semplicemente dei regolamenti comunitari; anzi, non sfugge al senatore D’Alì che il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea riconosce espressamente ai regolamenti europei l’obbligatorietà di tutti i loro elementi.
Ma vi è di più. L’organizzazione interprofessionale ha lo scopo di favorire l’aggregazione fra le imprese, consentendo agli operatori del settore, spesso sono inseriti in un contesto produttivo frammentato, di avere un maggiore potere contrattuale nella negoziazione.
Se la questione è quella della contribuzione, che qualcuno ha sollevato ieri, anche qui la norma è molto chiara nell’individuare i soggetti a cui potrebbe essere richiesta una contribuzione economica. Si tratta esclusivamente dei soggetti nei cui confronti trovano applicazione le regole valevoli erga omnes. Si tratta quindi, senatore D’Alì, piuttosto che di una celata tassa, di una contribuzione a fronte di beneficio e servizi di cui si troverebbero a godere gli operatori interessati, benefici che non potrebbero essere diversamente assicurati se con il contributo di chi ne trae vantaggio, e questa mi sembra una misura di assoluta equità piuttosto che una tassa occulta.
Al caro amico Ruvolo, che ringrazio vivamente perché con i suoi interventi appassionati ci offre sempre l’occasione per fornire utili informazioni ai cittadini, voglio dire essenzialmente due cose. La prima è che il settore, che a suo avviso è abbandonato, riceverà nei prossimi anni 25 miliardi di euro – ripeto, 25 miliardi di euro – di cui 29 saranno erogati direttamente alle imprese. Senatore Ruvolo, le faccio anche notare che, dall’inizio della legislatura, nonostante questo Governo stia affrontando tutti i punti di fragilità strutturale del sistema agricolo, lei continua descrivere uno scenario catastrofico per l’agricoltura italiana, fortunatamente e puntualmente smentito dai dati macroeconomici di settore, ed anche irrispettoso nei confronti di quelle imprese che negli anni, con grande abnegazione e sacrifici, si sono impegnate per ricostruire un reddito sostenibile, nonostante le varie disattenzioni dei Governi di centrodestra.
Non è un caso se l’Unione europea, come è stato ripetutamente ricordato anche durante il dibattito di questi giorni, ha chiesto notizie all’Italia circa il divieto di detenzione e di utilizzo di latte in polvere per i formaggi e per lo yogurt. È una notizia nota e diffusa su tutti i giornali che la richiesta di intervento a Bruxelles per la modifica della legge italiana che mette al bando l’utilizzo di latte in polvere per produrre formaggi e yogurt, sia stata sollecitata da un deputato italiano eletto all’Europarlamento nelle file della Lega Nord prima e di Forza Italia poi. Ecco da dove viene il sollecito!
Ma il Partito Democratico ed il Governo sono impegnati a difendere fino in fondo la qualità del nostro sistema lattiero-caseario e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori. Dobbiamo difendere l’eccezione della normativa italiana rispetto agli altri Paesi dell’Unione, pur consapevoli che le nostre produzioni d’origine DOP ed IGP (parmigiano, grana padano, mozzarella di bufala e tutti gli altri 50 prodotti caseari made in Italy) sono protette e tutelate dagli appositi disciplinari, che restano assolutamente del tutto estranei ad ogni eventuale esigenza di armonizzazione.
Un altro tema su cui si è incentrato il dibattito degli ultimi giorni è stato quello dell’IMU agricola. Premesso che il tema non è e non poteva essere oggetto di questo provvedimento, come è noto ai più, è chiaro ed evidente – e lo abbiamo detto in tutti i modi – che entrambi i rami del Parlamento si sono espressi rispetto ad un ripensamento della tassazione IMU sul settore agricolo.
Rispetto a tale posizione, il Governo si è impegnato a formulare una proposta nell’ambito della revisione complessiva della tassazione locale ed il Gruppo parlamentare del Partito Democratico sta lavorando in questa direzione. Capisco che probabilmente siete a corto di argomenti e che ogni volta in qualsiasi provvedimento mettete sempre al centro il tema dell’IMU agricola (Applausi della senatrice Donno), ma sarebbe il caso che vi concentraste anche su altre questioni di merito, che pure sono interessanti per il futuro sviluppo dell’agricoltura italiana.
Infine, ho il dovere di fare un’ultima precisazione: si è parlato di violazione delle regole di mercato e della concorrenza che sarebbe insita nell’istituzione delle Commissioni uniche nazionali per le filiere rappresentative del sistema agricolo-alimentare; segnalo invece che la finalità della norma prevista dall’articolo 6-bis va esattamente in direzione opposta a quanto lamentato. L’istituzione delle Commissioni uniche nazionali si pone, infatti, l’obiettivo di garantire ancora una volta la trasparenza nelle relazioni contrattuali e nella formazione dei prezzi. Il meccanismo non incide in alcun modo sulle dinamiche di determinazione dei prezzi fissati dagli operatori; anzi, poiché le Commissioni indicano quotazioni di prezzo che, del tutto liberamente, possono (o meno) essere utilizzate, si sta semplicemente offrendo agli operatori del settore un ulteriore strumento e un ulteriore servizio per la libera determinazione degli elementi contrattuali. (Richiami del Presidente).
Ho terminato. In conclusione, non volendo ribadire qui (i miei colleghi lo hanno già fatto meglio di me in questi giorni) le innovazioni e le misure strutturali inserite nel provvedimento (il Piano olivicolo nazionale di 32 milioni di euro, le organizzazioni interprofessionali, gli investimenti sulle fitopatie adeguati alla dimensione del rischio che stiamo attraversando, l’efficientamento del SIAN), sarei curiosa – e, come me, tutti gli amici del Gruppo – di capire e di comprendere la diversità di comportamento dei Gruppi di opposizione di Camera e Senato, considerato che alla Camera il provvedimento (questo stesso provvedimento) è stato approvato senza voti contrari. Evidentemente ci sono luoghi dove la responsabilità nell’affrontare i problemi reali dei cittadini e delle imprese prevale rispetto ai tatticismi di partito.
Un’occasione di condivisione persa, purtroppo, su un provvedimento che pone un ulteriore tassello per far sì che l’agricoltura italiana diventi sempre più competitiva per raccogliere le sfide del mercato internazionale. È per questi motivi che il Gruppo Partito Democratico voterà convintamente a favore del provvedimento