Concessioni demaniali marittime – il mio intervento in aula

Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghi, l’Assemblea del Senato oggi è chiamata ad esaminare un atto di indirizzo su un tema apparentemente di secondo piano ma in realtà fortemente significativo per l’economia del nostro Paese. Al di là di ciò che in quest’Aula si può raccontare circa le finalità delle concessioni, gli stabilimenti balneari (e questo è un dato di fatto) costituiscono per l’Italia un settore fondamentale, data la conformazione geografica della nostra penisola e data la particolare attitudine al turismo delle nostre località costiere. L’economia di intere aree, soprattutto nel Mezzogiorno, risente fortemente degli introiti del settore turistico-balneare, tanto più se si considera che spesso si tratta di comunità la cui sopravvivenza sociale ed economica si regge solo ed esclusivamente sul turismo balneare, stante lo scarso sviluppo industriale e la debole presenza di altri settori imprenditoriali.

Nel turismo marittimo, l’hanno detto altri colleghi prima di me, operano circa 30.000 imprese, molte delle quali hanno un carattere familiare. Si tratta di famiglie ed imprese che si trovano da tempo di fronte ad un bivio. Rischiano di vedere vanificati tutti gli sforzi compiuti negli anni e di perdere gli investimenti di una vita, il tutto per delle responsabilità che non sono in alcun modo imputabili a loro stessi.

Siamo perciò ad un momento di svolta per il settore. La disciplina normativa necessita di un generale ripensamento (la legge quadro risale al 1993) alla luce dell’entrata in vigore della nota direttiva Bolkestein che, impedendo il rinnovo automatico delle concessioni, porta di fatto al superamento del cosiddetto diritto di insistenza, che aveva caratterizzato l’ordinamento giuridico italiano.

Nel 2009 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione proprio alla luce delle norme vigenti in materia, contestandone la compatibilità con il diritto dell’Unione europea, in particolare con il principio della libertà di stabilimento. La Commissione ha ritenuto che le norme italiane costituissero una discriminazione per le imprese provenienti da altri Stati membri, che si trovavano nella condizione di essere ostacolate dalla preferenza accordata al concessionario uscente.

Nonostante la delega al Governo, contenuta nella legge comunitaria del 2010, per emanare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, non c’è stato finora un deciso impegno. È mancata probabilmente finora una volontà politica chiara e netta di intervenire nel settore. Da ultimo, il decreto-legge n. 179 del 2012 ha disposto una proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni, ma è a tutti evidente – e non a caso siamo qui oggi a discuterne – che il tema delle concessioni demaniali marittime si trascina ormai da troppi anni e le imprese che operano nel comparto sono soggette ad una profonda incertezza normativa. Penso che l’elemento di maggiore difficoltà per le imprese sia proprio quello di non sapere a quali norme di riferimento aggrapparsi per poter programmare la propria attività.

Siamo perciò ad un momento storico. Abbiamo un compito importante, quello di riuscire a trasformare un vincolo in un’opportunità; dobbiamo arrivare ad un ripensamento generale del quadro normativo di riferimento e dobbiamo in questo momento fare uno sforzo per contemperare i diversi interessi in campo: gli interessi degli operatori, degli utenti e del sistema-Paese, in modo da permettere al settore balneare di continuare ad essere trainante e strategico per la nostra economia.

Pertanto, sicuramente nel rispetto dei principi comunitari in materia di trasparenza, di non discriminazione (lo abbiamo sentito in questa sede ripetere anche dai colleghi), di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di valorizzazione delle attività imprenditoriali e di riconoscimento e tutela degli investimenti, dei beni aziendali e del valore commerciale, il nostro impegno politico, la nostra linea guida, deve andare nella direzione di predisporre norme che sappiano valorizzare la qualità paesaggistica e l’insieme degli elementi identitari delle nostre fasce costiere e dei nostri stabilimenti balneari. Non sono tutti uguali: hanno caratteristiche e peculiarità che li rendono unici e rendono uniche le nostre coste. Lo sforzo che dovremmo fare è quello di essere in grado di valorizzare questi nostri elementi precipui.

È evidente, poi, che la predisposizione di procedure selettive non può rappresentare una modalità per lasciare gli operatori in “balia delle onde” (e mai paragone fu più consono): è necessario, perciò, approvare una norma transitoria per le concessioni in essere, che tenga conto degli investimenti immobiliari e infrastrutturali già effettuati, del valore commerciale e della professionalità acquisita in tutti questi anni e ne garantisca il loro riconoscimento e ristoro al termine della concessione.

Mi sembra che la strategia del doppio binario possa essere l’unica che permette di attuare le norme europee sulla libertà di stabilimento e consenta, nel contempo, di assegnare le concessioni sulla base di una procedura comparativa, questo senza mettere in ginocchio imprese e famiglie che operano nel settore da anni e che con il loro lavoro contribuiscono, oltre che a garantire la sorveglianza delle coste e la tutela dell’ambiente naturale costiero, a mantenere elevato l’interesse turistico delle molte località che il mondo intero ci invidia.

Il momento è quindi di urgenza, e, data l’urgenza, sollecitiamo il Governo a farsi promotore in tutte le sedi, nazionali e sovranazionali, di interventi mirati, efficaci e tempestivi. La stagione estiva è ormai iniziata e il settore balneare necessita di una disciplina normativa che lo regolamenti in modo definitivo e stabile.

Occorre restituire alle imprese del settore, già soggette agli umori del sole almeno un minimo di serenità normativa, affinché siano messe nelle condizioni di poter effettuare tutti gli investimenti, sia strumentali che in risorse umane, adeguati ad una programmazione aziendale.

Il mio augurio è che l’approvazione delle mozioni oggi all’esame, che sono in larga parte condivise da tutto il Parlamento, porti presto a un impegno del Governo per la definizione – insieme al Parlamento – di un quadro normativo certo per i nostri operatori.

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