Un augurio grande a tutte quelle donne adulte – mamme, zie, sorelle maggiori – che impiegheranno qualche minuto del loro otto marzo per spiegare alle bambine cosa si ricorda e perché si festeggia. Un augurio altrettanto grande a tutte le insegnanti – d’ogni ordine e grado, si sarebbe detto una volta – che avranno voglia di approfondire il tema con le loro allieve: l’otto marzo ha una storia precisa; se la si dimentica, tutto si trasforma in una marmellata di conformismo dolciastro. Un augurio un po’ più piccolo a chi se la caverà con una mimosa. In fondo, però, va bene anche quella: perché la mimosa è bella e perché, piaccia o no, resta comunque un simbolo.
Anche se sulle sue origini precise non c’è una condivisione totale di opinioni, è innegabile che l’otto marzo sia nato come momento di impegno e di lotta. È una caratteristica di questa ricorrenza che sarebbe bene non tenere da parte. Quest’anno io festeggerò il mio otto marzo guardando a una grande mobilitazione che vede impegnate tantissime donne di ogni parte del mondo. L’obiettivo è quello di vietare per legge la pratica dell’utero in affitto, che coinvolge in particolar modo donne povere del Sud del mondo. Sono convinta che il nostro ordinamento debba inquadrare questo fenomeno come reato universale, punibile anche se commesso all’estero da un cittadino italiano.
Considero l’utero in affitto una forma di prevaricazione particolarmente ingiusta, che nega diritti e dignità di tante donne in condizione estreme di povertà e di fragilità. Ed è proprio per lottare contro la riduzione di persone a cose che l’otto marzo è divenuto la Festa della Donna. Auguri a tutte.